Queste foto sono parte di un piccolo racconto fotografico realizzato nell’area grecanica di Reggio Calabria. Avevo la necessità di raccontare la produzione vitivinicola di quest’area e ho avuto la possibilità di farlo seguendo le mie inclinazioni espressive.
Quella che oggi viene definita area grecanica (per indicare un’area geografica in cui si parla o si parlava il Greco di Calabria) è stato il primo insediamento greco nella penisola calabra. Il vino è diventato un pretesto per raccontare di un passato florido di cui oggi – ahinoi! – si sono quasi del tutto perse le tracce.
Qualche informazione per permettervi di contestualizzare un po':
- Nella prima immagine gli still life di alcune uve di provenienza greca coltivate attualmente.
- La foto della costa ritrae il luogo in cui si dice siano sbarcati i greci nell’VIII secolo a. C.
- Nel quaderno, le parole trascritte da una bambina che studia ai corsi di greco di Calabria.
- La fiumara nella foto finale è l’Amendolea, attorno ad essa si sviluppa tutta l’area grecanica, un tempo era navigabile e costituiva l’autostrada dell’antichità.
I titoli che ho pensato non mi soddisfano a pieno, probabilmente sono solo un inizio:
1- “Orfani di Dioniso” – mi sembra cogliere il senso del progetto e lo considero la mia scelta provvisoria, anche se forse sarebbe da rivedere… la parola “orfani” mi piace ma mi pare anche un po’ troppo forte.
2- “L’ultima goccia alla terra” – nei templi di Locri Epizephiri ci sono dei “tubi” attraverso i quali si offrivano in dono alla terra latte miele o vino. Oggi, probabilmente solo per una coincidenza, un’usanza che ho osservato (anche se non so quanto sia diffusa o tipica dell’area) nei paesi dell’area grecanica prevede che l’ultima goccia di vino rimasta nel bicchiere venga gettata a terra.
3- “Ancestre” – ricercando l’etimologia della parola “ancestrale” ho scoperto si tratta di una parola di origini francesi, “ancestre” significa antenato. È una parola che mi piace e m’incuriosisce.
4- “K52” – Una piccola aggiunta, è il nome dell’anfora dentro la quale da qui il vino veniva esportato in tutta la penisola italiana e anche oltre. Una piccola aggiunta, mi sembra una parola che possa fare incuriosire.




















Ciao Giuditta,
benvenuta in Fotografia e Parola,
che bella serie che ci lasci in quest'ultimo giorno di consegna! wow. le foto sono davvero super. La serie funziona molto bene. Adoro la successione delle uve in still life che hai messo all'inizio. Da un punto di vista puramente tecnico stai attenta agli sfondi. Utilizzandoli tutti affiancati si vede la differenza di bianco (luminosità e dominanti) fra l'una e l'altra. Credo che dovresti cercare di uniformarli il più possibile, anche se immagino possano essere scattati con luci e sfondi differenti, però è uno sforzo che arricchirebbe molto questo lavoro..!
Venendo al titolo. La storia è molto affascinante e ricca. e le tue proposte sono molto interessanti.
Il titolo provvisorio che hai dato, Orfani di Dioniso, mi è piaciuto subito, ma in effetti non è giustificato dalla serie, che in fondo racconta di un luogo in cui la produzione è ancora attiva e magari ha perso la ricchezza del passato ma che comunque continua ad essere una risorsa. Orfani mi dà proprio l'idea di perdita, di lutto, di qualcosa che non c'è più, e quindi mi porta fuori rotta rispetto a ciò che sto vedendo. A livello di suoni e di importanza ovviamente è il migliore, ma sebbene si possa anche fare ritengo che dia una nota eccessiva alla lettura delle immagini che stanno raccontando una poesia quotidiana e non drammatica.
delle tue proposte la storia che più mi convince è quella che ci racconti ne L'ultima goccia alla terra.
Nel senso che trovo che la connessione fra l'antico rituale e quel gesto che ancora oggi in quella particolare si compie, sia di per sé una ragione potentissima di racconto, di connessione fra una storia ancestrale (appunto) e un presente sempre meno osservato in profondità e che attraverso questo piccolo gesto tu ci porti a fare. Secondo me è poco importante quanto in effetti questo gesto consuetudine sia davvero diffuso e quanto sia connesso all'antichità. Sei tu, come autrice, che suggerisci questa connessione, ed è in quanto autrice che hai la libertà di immaginare questo gesto come il filo rosso che ricongiunge due epoche attraverso una terra e un prodotto che l'uomo produce sin dall'antichità.
Devo dire però che come titolo l'ultima goccia alla terra non mi convince, cioè non è così bello come lo era il primo. Perché non provare a scriverlo in dialetto, cioè nella lingua del luogo? oppure nel greco ibrido che si impara li? Avrebbe cosi una connessione vera e profonda al luogo, che in un certo senso ha anche poco a che fare con la lingua italiana (una lingua che se ci pensi ci è stata imposta e che non riflette le tante specificità del territorio).
come si direbbe in dialetto calabrese (ovviamente il dialetto di quella specifica area) l'ultima goccia alla terra?
K52 è un dettaglio carino e interessante, ma è un nome , anzi una sigla, già troppo sentita. Se digiti su google ti saltano fuori troppe cose, da prodotti e servizi. Tende a raffreddare troppo il lavoro e a omologarlo, per quanto poi scoprendo di quell'anfora potrebbe diventare in effetti un bel gancio.
Io procederei nella direzione della lingua della terra.
fammi sapere che cosa ne puoi ricavare ;)
complimenti per la ricerca, la trovo proprio bella.
Ciao Silvia,
piacere. Sì, io sono quella dell'ultimo minuto :). Ti ringrazio per i complimenti. Per quanto riguarda la postproduzione hai perfettamente ragione, è stata fatta in maniera veloce e non è definitiva, va sistemata. Concordo su quanto hai detto rispetto ai titoli. Ho pensato di cercare un titolo in grecanico, sarebbe azzeccato, anzi forse proprio per questo mi sembrava "scontato"... e poi la ricerca non era semplicissima da fare in una settimana. Provo a cercare qualcosa che sia simile alla frase "L'ultima goccia alla terra" o che ne riprenda una parte (il grecanico ha un suono un po' difficile), in dialetto non credo renda bene, è qualcosa tipo "l'urtma guccia pa' terra". Ci penso e ti faccio sapere.
Ciao @Giuditta è un bellissimo lavoro dove vedo una connessione circolare tra cultura, terra e vino. Condivido il suggerimento di @Silvia di cercare un titolo in dialetto per mantenere la connessione.
grazie @Richard Betti Labaratorio di Ritratto Fotografico :)
Bellissima serie @Giuditta, mi è piaciuta moltissimo!!!
(come vedi anche io arrivo all'ultimo minuto con i commenti :-))
E ammetto che mi piace molto l'idea del "l'urtma guccia pa' terra" che menzioni o l'uso del grecanico suggerito da Silvia: oltre a rappresentare una connessione con il luogo, la terra, forse il suono "difficile" del dialetto può rappresentare anche la difficoltà di mantenere viva questa tradizione che menzioni, la difficoltà di coltivare l'uva in un territorio che spesso non è benevolo. Solo un'idea, la butto lì! :-)
Grazie Manuela :)
Bella. La trovo una sequenza ricca di sensorialita’. Il titolo che mi pare più collegato è il secondo. Anche se il terzo ha il suo perché e il suo fascino
Grazie @Roberta Manzin Anatomie#2